Corriere della Sera
di Enrico Marro
ROMA — Fondi pensione al via. Governo, Confindustria e Cgil, Cisl e Uil hanno firmato ieri sera a Palazzo Chigi l'intesa. «È un importantissimo accordo», ha detto il presidente del Consiglio, Romano Prodi, perché «dal primo gennaio 2007 finalmente sarà dato avvio alla previdenza integrativa». Il leader della Confindustria, Luca di Montezemolo, ha definito questo «un fatto positivo per i giovani», augurandosi ora altre «riforme». Soddisfatti Guglielmo Epifani (Cgil), Raffaele Bonanni (Cisl) e Luigi Angeletti (Uil). Dal primo gennaio prossimo scatteranno i sei mesi durante i quali tutti i lavoratori dipendenti (esclusi quelli pubblici) dovranno decidere se mandare l'accantonamento annuale del Tfr (trattamento di fine rapporto) maturando (cioè dal 2007 in poi) a finanziare un fondo pensione allo scopo di costituirsi una seconda pensione da affiancare a quella obbligatoria oppure se continuare a tenerlo in azienda per la liquidazione (definita dal ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, una «forma primitiva» di risparmio) che verrà loro erogata al momento del pensionamento. Se non prenderanno alcuna decisione il Tfr andrà lo stesso a un fondo previdenziale, secondo il sistema del silenzio assenso. Tutte queste regole, già contenute nella riforma Maroni del 2005, scatteranno non più dal 2008, ma appunto dal primo gennaio 2007. L'anticipo è stabilito nella Finanziaria in discussione alla Camera. Che però prevedeva anche un'importante novità al fine di reperire subito 5 miliardi di euro per le casse pubbliche: la costituzione di un fondo presso l'Inps dove parcheggiare il 50% del Tfr dei lavoratori (che comunque avrebbero conservato intatti i loro diritti) che non aderiranno ai fondi pensione e che finora in base alla legge resta in azienda fino appunto al momento della liquidazione. La Confindustria ha protestato parlando di «prestito forzoso» all'Inps. L'accordo firmato ieri prevede che la novità riguardi solo le medie e grandi aziende: andrà infatti al fondo Inps il 100% (e non più il 50%) del Tfr maturando del lavoratore di aziende con almeno 50 dipendenti che deciderà di non aderire ad alcun fondo pensione. La Confindustria, che avrebbe comunque preferito che il fondo Inps fosse abolito, ha accettato il compromesso perché il 99,5% delle imprese italiane, avendo meno di 50 dipendenti, potrà continuare, come ora, a trattenere in azienda il Tfr dei lavoratori che sceglieranno di tenersi la liquidazione. Decisivo per il sì di Confindustria è stato anche l'anticipo al 2007 delle compensazioni previste dalla riforma Maroni per le aziende che dovranno rinunciare al Tfr: deduzione dal reddito del 4-6% (secondo la dimensione d'azienda) del Tfr trasferito, taglio del contributo dello 0,2% al fondo di garanzia Inps, graduale riduzione degli oneri impropri (0,19%). L'aggravio per il bilancio pubblico sarà di «alcune centinaia di milioni di euro», ha detto Padoa-Schioppa, ma la copertura, ha aggiunto, sarà trovata in Finanziaria, per cui «i saldi non cambiano». Presto partirà una campagna informativa per aiutare i lavoratori a scegliere. Nella relazione tecnica alla Finanziaria il governo stima che nel 2007 il 45-50% dei lavoratori aderisca ai fondi pensione (oggi siamo sotto il 15%). Il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ha assicurato che per chi non aderirà ed è dipendente di aziende con oltre 50 dipendenti non cambierà nulla: il rendimento fissato per legge del Tfr (1,5 più il 75% dell'inflazione) sarà garantito, così come l'anticipo per comprare casa.