Per cominciare…un breve cenno sull’andamento dei mercati.
Il 2024 si è caratterizzato per il consolidarsi della crescita dell’economia americana e la sostanziale tenuta di quella europea, pur in un contesto mondiale di conflitti militari ancora aperti (non ultimi Ucraina e Medio Oriente) e, per quanto riguarda in particolare l’Europa, di perdurante debolezza politica di importanti governi dell’Unione.
Anche la Cina, peraltro, soprattutto nell’ultimo periodo dell’anno, ha cercato di fornire impulso alla propria economia attraverso un importante piano di stimolo fiscale.
Nel positivo contesto macroeconomico è proseguita la discesa dell’inflazione, pur con andamenti parzialmente difformi tra Europa e Stati Uniti.
Nella prima, una crescita contenuta e resa più incerta dalle importanti crisi dei governi francese e tedesco ha favorito un marcato percorso di rientro verso il target del 2%, mentre negli USA la forza del ciclo economico ha condotto ad un trend di rientro molto più lento, specie nell’ultima parte dell’anno.
A fronte, quindi, di un identico taglio dei tassi di interesse nel corso dell’anno, pari all’1% complessivo, le due Banche centrali (BCE e FED) hanno maturato diverse valutazioni prospettiche: mentre la BCE ha considerato percorribile il raggiungimento del target del 2% entro il 2025, la FED si è mostrata molto più prudente sul futuro percorso di diminuzione dei tassi.
Alle valutazioni delle autorità di politica monetaria non sono estranee considerazioni di carattere politico: mentre, infatti, in Europa la crisi di rappresentanza del governo francese persiste, con la nuova legge di bilancio ancora da approvare, e in Germania sono state indette nuove elezioni parlamentari per il mese di febbraio 2025, negli Stati Uniti la robusta affermazione elettorale del Partito Repubblicano ha portato i mercati a stimare positivamente gli effetti dell’agenda del Presidente Trump (in primis diminuzione della pressione fiscale e nuove politiche tariffarie) sulla crescita, già robusta, dell’economia americana, con correlate nuove tensioni inflazionistiche.
I mercati finanziari hanno beneficiato largamente delle dinamiche sopra descritte, che hanno allontanato con decisione i timori di una possibile fase recessiva.
In particolare, gli indici azionari hanno proseguito la dinamica di forte ascesa già iniziata nel 2023, anche se con rilevanti differenze geografiche: se infatti la borsa statunitense ha realizzato un incremento pari al 25%, l’area Euro si è fermata ad un pur considerevole 10%, ed i mercati Emergenti in aggregato a poco meno del 14%.
Ottimo il risultato della borsa italiana, che registra un rendimento del 18%.
Dal punto di vista settoriale, i comparti trainanti sono stati il tecnologico ed il finanziario, meno mossi i settori dell’health care e dell’energia.
Gli indici obbligazionari governativi hanno registrato, invece, risultati altalenanti, sia in termini geografici, sia, spesso all’interno dello stesso Paese, per tipologia di scadenza: le scadenze brevi hanno, infatti, beneficiato della diminuzione dell’inflazione e dell’inizio della riduzione dei tassi da parte delle Banche Centrali, mentre le scadenze più lunghe hanno risentito del consolidamento della crescita economica.
Considerando gli indici a 10 anni, gli USA hanno evidenziato un deprezzamento dell’1,5%, in sostanziale parità la Germania, mentre l’Italia ha guadagnato un significativo 5,9%, beneficiando di un restringimento degli spread e di un contesto favorevole di crescita economica.
Buono, infine, il contributo dei titoli obbligazionari societari con elevato merito di credito, sia al di qua (+4,6%), che al di là (+2,8%) dell’oceano.
Sul mercato dei cambi si è assistito ad un marcato indebolimento dell’euro contro il dollaro (-6,7%) e contro la sterlina (-4,8%), e ad un significativo apprezzamento verso lo yen (4,5%) e il franco svizzero (1%).
Il dollaro si è generalmente rafforzato anche nei confronti delle valute dei Paesi Emergenti, specialmente di quelle dei principali paesi dell’America Latina.
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